venerdì 21 agosto 2015

Una delle mie fiabe - PIZÒT e PIZÖL

C’era una volta, nel bel mezzo della foresta, un piccolo villaggio abitato dagli gnomi. Ognuno di loro era impegnato nel suo lavoro e si dava anche da fare per tutta la comunità. In quel paesino regnava l’amore.
Solo in una casetta questo non accadeva: lì, viveva una coppia di gnomi che proprio non trovavano un buon accordo fra loro. Pizöl e Pizòt erano i più ricchi del borgo, la loro abitazione aveva tutte le comodità, ma loro proprio non riuscivano ad essere felici e si rendevano anche antipatici a tutti. Non avevano bisogno di lavorare per mantenersi, la loro agiatezza era dovuta alla fortuna ereditata dai genitori di entrambi.
Gli altri gnomi, invece, andavano tutti i giorni al pozzo a prendere l’acqua, coltivavano i campi per avere le verdure, curavano gli alberi per coglierne i frutti in autunno, andavano nel bosco a far legna per cucinare e riscaldarsi.
Pizöl e Pizòt erano gli unici ad avere una canaletta di corteccia che portava l’acqua fin dentro casa; riuscivano persino, vista l’abbondanza di quel prezioso elemento, a scaldare pentoloni colmi sino all’orlo per lavarsi in una vasca scavata nel tronco di un larice. E poi, poi avevano anche una stufa in pietra ollare sulla quale mettere le loro pentole per cucinare.
Quando si alzavano al mattino, raramente si davano il buon giorno. Durante la giornata Pizòt era sempre in giro per il paese a chiacchierare e a spendere soldi in cose inutili; Pizöl, invece, passava un sacco di ore all’osteria, bighellonava per i vicoli e tutti i pomeriggi passava dal barbiere per farsi rifinire la barba. La sera si ritrovavano a casa e il momento della cena poteva essere paragonato all’incontro di due estranei. Che tristezza!
Le settimane facevano i mesi e poi gli anni; tutti erano a conoscenza della difficile situazione della coppia. Finalmente, un giorno, Pizòt fu fermata per strada da una compaesana: si trattava di Pudöta, la mugnaia della borgata, e non si sarebbe mai permessa di intromettersi se loro due non fossero state compagne di banco in prima Alimentari.
Pudöta non trovava le parole giuste per iniziare il suo discorso, però voleva a tutti i costi aiutare Pizòt. Deglutì la sua castagna, prese coraggio e le consigliò di adottare un animaletto. Sicuramente, disse, un nuovo arrivo a quattro zampe avrebbe reso la loro casa più viva, più allegra.
Stranamente Pizòt accettò senza neanche doverci pensare su, perciò la mugnaia s’impegnò a procurarle la bestiola e, dopo solo un paio d’ore, si presentò a casa della gnoma triste portando in braccio un bellissimo gattino di pochi mesi: era nero e bianco, veramente uno spettacolo.
Pizòt gli si avvicinò timorosa, poi si chinò e lo accarezzò; il gattino alzò subito la coda e si mise a fare le fusa.
Pudöta spiegò all’amica cosa significasse quella reazione del micino, e l’amica sorrise: era tanto tempo che non aveva un’espressione così felice e rilassata. Poco dopo arrivò Pizöl e, appena entrato, vedendo sulla sua sedia “quel coso peloso”, come lo chiamò, imprecò contro sua moglie. Lei lo ignorò, prese il gattino fra le braccia e lo baciò affettuosamente.
Pizöl si rese conto che in realtà erano passati tanti anni da quando aveva visto sua moglie sorridere per l’ultima volta e la constatazione, unita all’espressione buffa e affettuosa della bestiola, strappò un sorriso anche a lui.
I coniugi ringraziarono e salutarono Pudöta. Pizöl si avvicinò a Pizòt e, delicatamente, la accarezzò. Poi fece una carezza anche al micio, che continuava a fare le fusa.
I due gnomi si abbracciarono, consapevoli del fatto che ciò non avveniva da un secolo. Ebbero poi una breve discussione su come chiamare il gattino; osservandolo bene, videro che si trattava di una femminuccia e allora decisero insieme di chiamarla Plöf. Quella sera prepararono una cena succulenta, mentre la micetta si arrampicava sulle tende, e parlarono tranquillamente fino a tardi.
Il giorno dopo Plöf fece un sacco di disastri in casa, ma Pizöl e Pizòt la guardavano divertiti. Alla micetta piaceva molto giocare con l’acqua e poi, con le zampette bagnate, andarsene in giro a lasciare impronte ovunque. Prendeva tutti gli oggetti alla sua portata e li buttava a terra; ruppe anche alcune tazze e bicchieri di cristallo.
Pizöl e Pizòt avevano un sacco da fare per mettere a posto tutti i danni che la piccoletta combinava. Cercavano di richiamarla ma quella fuggiva via come un missile. Si calmò solo quando le mostrarono una cassettina con della segatura: era il suo bagnetto; per un po’ la situazione si calmò, ma poi riprese tutto come prima.
Pizòt e Pizöl non erano abituati a lavorare e quel giorno arrivarono all’ora di cena molto stanchi. Erano soddisfatti, però. Quando andarono a dormire Plöf, attorcigliandosi nel piumino con loro, fece uscire tutte le piume che si sparsero per la stanza.
Nonostante i disastri combinati, quella gattina aveva portato l’allegria e la gioia in casa. Il mattino successivo Pizòt e Pizöl andarono da Pudöta e le chiesero di procurare un altro micio, poi un cane e poi ancora un coniglio.
In poco tempo la casa si riempì di animali. Pizòt e Pizöl erano tanto felici e spensierati, organizzarono una grande festa in paese e furono finalmente accettati da tutti i compaesani, che presto dimenticarono la loro precedente antipatia.
E vissero tutti felici e contenti.


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