mercoledì 11 giugno 2008

LO GNOMO OFLODA


Stamattina alle 7 sono andato a correre con Isotta e poi sono stato un po' con Ugo. Sa mangiare anche da solo ma mi sembra gli piaccia di più farsi imboccare. Le lezioni di volo sono ancora agli inizi pero' ora sa saltellare e cammina molto in fretta. Le piume sotto le ali lentamente crescono. Poi ho spaccato sassi e pulito l'orto. Giorni fa ho scritto una fiaba e solo ora la pubblicherò. Fiaba... ma vera!


LO GNOMO OFLODA
C’era una volta Ofloda, uno gnomo di montagna. Già da diversi anni lavorava in una città. La famiglia che gli dava lavoro come garzone era molto buona. Ogni mese, però, facendo più di 100 chilometri, tornava a casa in bicicletta. Ma la sua vita gli piaceva, gli dava da mangiare e riusciva a portare a casa qualche soldo per aiutare la famiglia. Poi nel mondo scoppiò la guerra. Ofloda fu mandato in Russia. Insieme a lui tante decine di migliaia di altri gnomi. Il freddo era intenso per quei lunghi anni in quelle lande desolate. Molti di loro andavano a dormire e al mattino non si risvegliavano più. Era la guerra degli stupidi, come tutte le guerre, ma gli stupidi mandavano gli altri combattere. Fu una guerra terribile. In inverno le temperature arrivavano a 30-40 gradi sotto lo zero. E loro erano obbligati a lottare con altri che, come loro, non avrebbero di certo voluto tutto questo. Combatterono sul grande fiume, il Don e poi anche a Nikolajewka. La maggior parte di loro non fece ritorno. Pochi, dei molti gnomi partiti per quelle terre lontane, fecero ritorno a casa. Altri, prima di essere di nuovo a casa furono rinchiusi in campi di concentramento dove non si poteva sapere cosa sarebbe accaduto il giorno dopo. Anche lo gnomo di montagna era fra questi. Il suo campo era nella Germania dell’Est a Dresda. Fu fame, freddo e tanta sofferenza. Ofloda fu anche fortunato. Cercò di imparare in fretta il tedesco. Uno dei tedeschi ogni tanto riusciva a passargli qualche pezzo di pane che lui poi divideva con gli altri. Riuscì a resistere finché furono liberati e tornò a casa a piedi. La guerra era finita. La fame continuò ancora per molto tempo ma Ofloda era a casa e anche se poco, qualcosa da mettere sotto i denti lo trovava. (la vera fiaba di mio papà Adolfo)

1 commento:

Tartanoc ha detto...

OFLODA ...è anche una delle mie prime vie da primo e delle più belle al XII (sono uno scarsone lo so..).

Nikolajewka...nome molto importante.. lo ho subito collegato a ieri, quando ho saputo che ci ha lasciato un alto degli ultimi "signori" (come Detassis) di questo nostro paese: Mario Rigoni. Che peccato.