giovedì 8 maggio 2008

LA BRUTTA STREGA

Sono stato in Spagna, a Saragoza, per una conferenza a e ieri sera sono rientrato. Durante il volo avrei avuto voglia di arrampicare ed allora ne e' nata una nuova fiaba.
LA BRUTTA STREGA C’era una volta una strega che si chiamava Ginevra. La sfortuna volle che fosse brutta, proprio tanto brutta. Era quasi sempre sola ma raramente era triste. Non lo era perche’ brutta ma perche’ si sentiva sola, isolata dalle altre streghe belle. Faceva dei grandi giri con la scopa. Amava la natura e soprattutto la montagna. Gli piaceva andare veloce fra le guglie piu’ ardite e nelle gole piu’ impervie. Passava giornate intere sulle montagne ed ogni tanto si fermava su qualche cima ad ammirare le bellezze che il mondo le offriva. Amava gli animali che ormai non avevano piu’ paura di lei. Ma la brutta strega aveva un animo tanto buono. Un giorno si fermo’ alla base di una montagna. La parete che stava sopra di lei era altissima, ripidissima e di un colore rosa antico. Chissa’ cosa gli passo’ per la testa quel giorno. Non c’era nessuno. Solo un branco di camosci si fermarono a guardarla incuriositi. Lascio’ la scopa alla bese ed inizio’ a salire. Non aveva mai arrampicato fino ad allora. Gli piacque subito pero’. Sarebbe stato un spettacolo vedere come saliva. Veloce come una gazzella, leggera come una libellula, elegante come una modella. I suoi capelli neri, sciolti e disordinati dal vento che gli arrivavano alla vita. Le mutande nere a braghetta e le calze lunghe, anch’esse nere, di raso, tenute su da due ramoscelli di ulivo. Le scarpe erano coi tacchi a spillo, bellissime anche se un po' sporche di fango. Supero’ anche gli strapiombi piu’ difficili con facilita’. Ginevra era quasi in cima. Improvvisamente un piede scivolo’. Anche una mano si stacco’ dall’appiglio. Tutti e due i piedi erano nel vuoto. La strega era appesa solamente alle dita di una mano. Provo’ a riprendere il contatto con la roccia ma non ci riuscì. Allora si lascio’ andare ma, non chiuse gli occhi. Mentre cadeva a braccia aperte, girando su se stessa, guardava verso il cielo e mai come quella volta gli era parso tanto azzurro. Era tanto tranquilla. Cerco’ di vivere intensamente quel lungo momento. Ma non ci fu il tonfo finale. Arrivo’ un’aquila, la prese per l’elastico delle mutande, la porto’ più giu’, con strabilianti evoluzioni e la lascio’ cadere solo quando era quasi a terra. I camosci videro quanto stava accadendo. Tutte le camozze si misero vicine e in centro ed il maschi in cerchio all’esterno per formare un muretto di sicurezza con le corna. Volevano attutire la caduta. L’impatto fu morbido ma la strega non dava segni di vita. Rimasero giorni e notti ad accudirla, leccandola e imboccandola con l’erbetta di montagna e gli iloznopar, i fiori di alta montagna. Quando capirono che si stava riprendendo se ne andarono. La strega si risveglio’, prese la sua scopa e ritorno’ al suo villaggio. La piazza era gremita di streghe che piangevano la sua scomparsa. Il suo atterraggio venne accompagnato da un’ovazione incredibile. La riconobbero dal suo modo di guidare la scopa e dalle ultime curve prima che toccasse il suolo. Quando si avvicinarono a lei non la riconobbero… Ma era lei, era proprio lei, Ginevra. Solo lei aveva i capelli così arruffati… ma era bellissima. Nessuna strega era tanto bella come lei, nessuna. Ma cos’era successo? Forse era stata la caduta, o la serenita’ con cui aveva fatto quel volo di mille metri, o forse erano state le cure affettuose dei camosci, o forse i loro baci, o le loro leccatine o la loro saliva alpestre. Forse tutto questo, forse… Era la piu’ bella di tutte. Non osava guardarsi allo specchio anche se aveva capito dalle facce delle streghe che ora non era piu’ brutta. Era felice per l’esperienza vissuta. Il giorno dopo ritorno’ alla base della montagna che aveva scalato. Pianto’ molti alberi di mele, semino’ tanta erba per tutti quegli animali e lascio’ tante bistecche di soia per l’aquila. Era il suo piccolo ringraziamento per chi l’aveva salvata e curata. E per chi l’aveva resa bella. E tutti vissero felici e contenti…

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